venerdì 13 agosto 2010

Yin e Yang e granita e brioches


Alla mandorla non le piaceva.
Da quando aveva aperto gli occhi quella mattina non aveva pensato quasi ad altro. Il sole bussava con un molle sorriso dalle tapparelle abbassate della camera da letto, un sorriso largo e placido, un abbraccio silenzioso che si insinuava tra le listarelle.
Era vero, si sentiva che si era su un’isola. Il cielo era di un altro colore, più omogeneo che nel resto d’Italia. Più sicuro. Tutta la natura in generale le sembrava in qualche modo più spavalda, più indolente. Il giorno prima nel tragitto che l’avrebbe portata ad Avola aveva visto dal finestrino del taxi piante di fichi d’India crescere ovunque grasse e ovali, la terra bruciare al calore del tramonto, rosolando rossa e viva.
Aveva aperto gli occhi e era stata per qualche tempo sdraiata a pancia in su nell’alto letto di legno pesante, inspirando lievemente quell’aria tiepida del risveglio.
Iniziando a viere con parsimonia.
 Si sentiva fluttuare nella penombra, intravedeva le forme spigolose dei mobili scuri emergere dagli angoli bui della stanza.
Tutto esisteva imponente e indifferente, molto più di quanto lei stessa si sentisse esistere.
Aveva pensato a te, giusto un attimo. Lo sguardo fisso al rosone in bassorilievo al centro del soffitto, aveva passato mentalmente in rassegna un catalogo di percezioni abbinate alla tua persona: il tono di voce, la trasparenza degli occhi, l’impressione della tua mano che si sistema i capelli dietro l’orecchio. I tuoi no, i tuoi sorrisi di spalle.
Si era girata su un fianco e aveva ripreso a pensare alle granite. Con un piccolo scatto era scesa dal letto e si era diretta ai servizi. Si era tolta la camicia da notte leggera e si era infilata il costume su per la pelle sudaticcia. Le mutandine avevano fatto attrito sulle cosce appena sopra le ginocchia. Si era guardata allo specchio, aveva alzato il mento e poi l’aveva subito abbassato un pochino, girando la testa a destra e a sinistra. Aveva inumidito la frangia, ci aveva applicato una noce di schiuma e poi aveva passato più volte il pettine per allisciarla e sistemarla in modo che le cadesse morbida ai lati della fronte. Aveva raccolto i capelli sulla nuca in una treccia morbida che finiva in un boccolo.

Iniziando a vivere con parsimonia.

Era scesa nella strada bianca di luce, costeggiata da bianche case e leggere, senza pretese. Ogni cosa ha il tetto basso qui, aveva pensato. Tetti piani che spianano l’orizzonte e aprono la vista, tetti che non conoscono la paura di guardare oltre.
Perché oltre c’è solo il mare.
Era entrata nella pasticceria dai tavoli rosa e verdi. Aveva notato anche quella il giorno precedente. Il taxi si era fermato al semaforo davanti alla vetrina, e lei aveva osservato in un potente accesso di acquolina le enormi fette di torte gelato viennesi che campeggiavano ordinate in diagonali dietro i vetri spessi e appannati dei frigoriferi. C’era qualcosa di diabolico nella loro perfezione. Marrone bianco marrone, in parti esattamente uguali in ogni fetta, identica ciliegine caramellata in cima. Di cose di questo tipo era fatta la casa della strega di Hansel e Gretel.

Era l’una e dentro il locale era deserto e soffocante al tempo stesso.
Lui passava lo strofinaccio sul bancone già lucido.
Non le chiese prego cosa desidera, ma quando la guardò le parve che tutta la gentilezza del mondo si fosse riversata in quegli occhi a spicchio che si chiudevano umidi e nocciola vicino al naso per aprirsi in un ventaglio bianchissimo verso l’esterno del viso.
-          Mandorla, pistacchio, caffè, cioccolato, limone … e le brioches sono queste – prese una grossa ciambella dorata, sulla cui sommità si intrecciava un filo di crema gialla, e le diede le spalle per infornarla.
Bello.
-          Mmm … mandorla – sorrisi – anzi no, pistacchio. –
Sorrisi. – te ne do un po’ alla mandorla in un bicchiere, così la assaggi –  si girò di nuovo – i bicchieri di vetro li ho tutti fuori, ti spiace se ne uso uno di plastica? –

 Alla mandorla non le piaceva.
  Sorbì la sua prima granita e brioches seduta a un tavolino nella piccola piazza bianca dai tetti bassi, nel mezzo della quale possenti leoni in pietra si abbeveravano ad una fontana vuota.

Secondo i principi dello yin e dello yang, c’è una misteriosa commistione di poli opposti che permea il tutto, e gli opposti per eccellenza sono il mascolino e il femminile, ai quali vengono attribuiti qualità contrarie e complementari.
Il femminile è freddo, umido e  molle come una granita siciliana.
Il mascolino è caldo, secco e pieno come la brioches appena tolta dal forno.
Questi due principi si rincorrono eternamente, presupponendosi a vicenda, susseguendosi e creandosi l’un l’altro nella loro necessaria ripetizione, come onde.

Perché oltre c’è sole il mare.

Sarebbe tornata da lui la sera stessa, lo avrebbe guardato dritto negli occhi, facendosi vicino, gli avrebbe chiesto – ti va di bere qualcosa? ti fa di fare due passi?
Una notte piccola, svanita, li avrebbe stretti sempre più insieme. Un vicolo, se vuoi, il lasciarsi andare.

Cos’ha da perdere? Il ritmo non si perde mai, anche a volerlo.
Iniziando a vivere con parsimonia.

Le ore erano volate in un’impudente e spietata leggerezza, si erano sgretolate come stelle di sabbia. A mezzanotte decise che avrebbe provato un altro gusto, fragola forse, con sopra la panna, tanto le brioches erano uguali ovunque, come gli uomini, e sarebbe andata a dormire.
In un’altra pasticceria.
Yin è nascondersi.

1 commento:

  1. Ci si nasconde solo quando c'è qualcosa da nascondere. Per il resto, è bello. Molto.

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