lunedì 23 agosto 2010

Il modulo di Dio e la madonnara


Mentre cammino guardando per terra mi vedo il piede poggiare su una macchia rosa salmone, alzo un poco lo sguardo e mi accorgo di stare per calpestare un grande disegno del volto di Gesù Cristo. La madonnara sta in un angolo accovacciata e di buona lena sfuma la polvere di gesso per perfezionare le punte della corona di spine, alcuni passanti si fermano a guardare alcuni istanti e riprendono la passeggiata. La maggior parte della gente interrompe il chiacchiericcio e sta un attimo in silenzio. Vicino al disegno sta scritto in un infantile corsivo verde  “solo chi crede nel figlio sarà salvato”.
 Due vecchine prendono a bisbigliarsi qualcosa, sono piccole con grosse pance su gambe da insetto e indossano identici scamiciati scuri che lasciano scoperto il petto avvizzito. A una delle due cade un fazzoletto di carta sporco e l’altra si china prontamente per raccoglierlo, piegandosi sul punto vita e tenendo tese le ginocchia bianche che sembrano due gessi crepati. Il cespuglio di capelli argentati ondeggiano nel movimento.
La donna che disegna sorride a tutti placida e io mi rendo conto che ai bordi del grande viso compassionevole del Nostro Salvatore, che occupa l’intera larghezza del marciapiede, ci sono un bel po’ di bancarelle sparse per il viale, bombati quadrati di stoffa bianca al di sotto dei quali brillano piccole forme geometriche arancioni, gialle blu. Visi scuri dietro i banchi allungano ai passanti collane argentate, bracciali, occhiali da sole da quattro soldi. Mostrano un triangolo di denti bianchissimi e sporgono in avanti la testa – 10 euro uno. No, due dieci euro non posso.
Ragazze basse in pantaloncini corti si fermano immobili, in trance, davanti alla distesa di ninnoli, c’è la collana di finte perle viola con il ciondolo di Hello Kitty in plastilina, gli occhi storti formati da due palline nere sul punto di staccarsi, uno straziante sorriso forzato che va da guancia a guancia manco fosse una cravatta argentina. Ci sono grossi anelli di fiori metallici esplosi, con i petali di metallo duri e aperti forzatamente in un fosforescente sbocciare permanente. Le gambe delle ragazze sono abbronzate, un accenno di cellulite trema sopra il cavo pupliteo mentre ponderano il peso da una parte all’altra, piegando all’indietro le ginocchia deboli, indecise sul da farsi.
Tengono una mano dietro la schiena e hanno il dito mignolo intrecciato mollemente a quello del loro fidanzato, che si lecca svogliatamente una montagnetta di gelato in cima al cono e fissa un punto lontano del viale. Gli cade una grossa goccia di gelato beige sulle Puma, alza il ginocchio piegando in dentro il piede e impreca. Il gelato, già sciolto per conto suo, dopo la caduta è diventato una macchia liquida che ora si espande sulle gote del Cristo.

Per quali motivi è lecito bestemmiare?

 La ragazza in pantaloncini si gira, dice – oh Robi, stai attento -, fa un verso di risata, lui si è chinato per cercare di togliersi la macchia con il tovagliolino, scuote il capo e si avvia verso il bidone più vicino mentre lei torna a fissare le bancarelle. Ci sono due omini stilizzati in terracotta che si abbracciano, una è una saliera e l’altro una pepiera. Uno di quegli oggetti che volano in aria per primi quando due si mollano, il classico gingillo che compri in un attimo di patinate malsane visioni di vita di coppia, un collage di presine e animali di vetro. Lei lo prende in mano, lo mostra al fidanzato, fruga nella borsa per tirare fuori il portafoglio.

Più avanti, c’è Samuel, il ragazzo senegalese che gira in spiaggia con una teca di legno piena di bigiotteria sotto un braccio e un mucchio di vestiti da spiaggia sull'altra spalla. In testa porta un grande cappello di paglia a tesa larga che suole togliersi in un gesto davvero galante mentre si lascia cadere in ginocchio sulla sabbia ogni volta che qualche vecchia rana spaparanzata ad abbronzarsi la carne raggrinzita si mostra interessata a comprargli qualcosa.  E’ un ragazzo alto quasi due metri, dal fisico asciutto sotto i larghi vestiti kaki, nero più del nero, con grandi occhi bianchi lucidi e grandi mani mal curate. Ora ne sta accoccolato sul ciglio della strada, dietro una bancarella di vestiti etnici, più o meno in prossimità del punto esatto in cui la mano del Cristo si solleva nel suo gesto di salvezza.
-          Ciao bella – mi dice riconoscendomi. Gli sorrido. Samuel sta mangiando una grossa pesca arancione dalla buccia pelosa come una pianta grassa. Mi viene in mente che l’altro ieri mi ha detto di aver cominciato il Ramadan.  Niente cibo né acqua fino al tramonto, poi solo frutta. Gli ho chiesto come facesse a stare in spiaggia tutto il giorno senza bere, sotto il sole cocente, andando avanti e indietro senza sosta. Questione d’abitudine mi ha risposto. Tra poco l’estate finisce e torno in Senegal, forse.
-          Questa è di mio fratello – dice indicandomi la bancarella colma di pantaloni di seta con il cavallo bassissimo e borse col manico in bambù. Poi si gira e indica un casolare in pietra abbandonato, probabilmente un punto d’avvistamento marino in disuso. Nel buio riesco a vedere una facciata ricoperta di scritte. GOLDRAKE è VIVO! è scritto in caratteri cubitali di un rosso acceso. – Dormiamo tutti qui. – Aguzzando la vista scorgo una fila di persone sedute per terra con le spalle al muro pasticciato. Si passano della frutta e ridono ad alta voce, proviene un odore forte di marijuana.  – Vuoi venire a vedere? – scuoto la testa. Samuel getta il nocciolo della pesca che rotola lungo tutta la figura del Figlio, attraversando imperterrito l’espressione mogia, gli occhi celeste pastello, il petto coperto dalla tunica bianca. Rotola oltre l’affresco, oltre i piedi dei passanti.

Per quali motivi è lecito pregare?

Delle coppie che girano per la strada, i padri sono assolutamente quelli con l’espressione più triste. Spingono passeggini in cui bambini piccolissimi, fiocchi di carne che sembrano pupazzi caricati a molla, si sporgono dal bracciolo e agitano le braccia rosa trapuntate in movimenti tesi e eccitati. Uno indossa una maglia nera a maniche corte con il logo di un club privato di non so dove e sotto scritto the best party in the world. Mi guarda a lungo, fastidiosamente, prima di girarsi in direzione del vociare della moglie. La moglie sta aggrappata alle grate che circondano la struttura dei tappeti elastici. – togliti gli occhiali! – urla come un’ossessa, aggrappandosi al reticolato e scuotendolo come una King Kong bionda e sudaticcia nell’abbronzatura screpolata. Il figlio salta grandi balzi davanti a lei, imperterrito, gli occhiali che traballano a ogni spinta scivolando sempre più sulla punta del naso, sul viso un’espressione di folle felicità, un sorriso cieco fatto di apparecchio e moccolo colante. La moglie si gira rabbiosa verso il marito – Gli occhiali! Digli di togliersi gli occhiali! – sbraita sempre più forte, gli occhi fuori dalle orbite, mentre il bambino vola sempre più in altro, gli occhiali si stortano mentre lui salta buttando in fuori il sedere magro, il marito si avvicina a una lentezza tale che sembra star tornando indietro e il neonato nel passeggino si è immobilizzato e ora gli trema il labbro inferiore e  dondola la testa come un automa, a piccoli scatti, la saliva scende dalla bocca sulle pieghe del mento e da lì si stacca e cade a terra, proprio in mezzo alla fronte del nostro Signore Salvatore.
Solo chi crede nel figlio sarà salvato.

La bella faccia dipinta con colori chiari è un insieme translucido di salive e gelati e moccoli e sputi.
Alla fine ci cammino sopra pure io.

Ci sono determinate aree del cervello deputate alla gestione degli stati mistico- religiosi, principalmente il fascio mediano del prosencefalo. Il modulo di Dio, lo chiamano. Secondo le neuro teologia, ogni essere umano è un devoto credente con l’emisfero sinistro del cervello, mentre secondo quello destro sarebbe un ateo convinto.

Alla fine ci cammino sopra, a questo grande viso umano che ormai non è più solo, volente o nolente, è stato ricoperto da bestemmie e preghiere, indifferenza e devozione.

Ci cammino sopra e lo trovo bellissimo.
Ci cammino sopra e sono sicura che non sono mai stata così io a muovere quei passi. 

Nessun commento:

Posta un commento